martedì 3 febbraio 2015

Giacomo Leopardi- L'infinto

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani 
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare. 

Giacomo Leopardi- L'infinito

Prima di analizzare cosa l'autore vuole esprimere attraverso il testo prodotto, è necessario evidenziare la visione che Leopardi ha del mondo. Dal suo punto di vista, infatti, l'uomo è destinato solo alla sofferenza, legata alla propria natura di essere finito, che è tuttavia in grado di immaginare l'infinito; non riuscendo mai a raggiungere tale traguardo, tuttavia, esso resta deluso, e questo lo porterà a soffrire.
L'unica ''via di fuga'' da tale condizione, è l'immaginazione, che illude gli uomini rendendo meno evidente la sofferenza. Questa ''soluzione'' è tuttavia incapace di soddisfare l'animo umano:
  1. L'immaginazione è andata perdendosi negli anni, a causa dell'aumento delle conoscenze e del progresso scientifico, che mettono in luce in maniera evidente la triste condizione umana; per questo gli antichi sono invidiati come gli unici in grado di immaginare davvero, poichè più ''ingenui'', meno consci della propria situazione;
  2. l'immaginazione, in quanto tale, è qualcosa che riesce solo a illudere gli uomini, a nascondergli la loro condizione per un breve lasso di tempo, dunque non riesce a ''guarire'' veramente l'uomo.



In particolare nel testo proposto, Leopardi esalta proprio l'immaginazione, quel procedimento per il quale la ''siepe'' che impedisce la vista, permette all'autore di immaginare sterminati paesaggi: attraverso un suono o un' immagine non definita, infatti, l'uomo può immaginare ciò che meglio crede e mescolare alle immagini evocate, i ricordi, altro elemento essenziale secondo l'autore.

La poesia, che vuole presentarsi, per certi versi, come un ''inno'' all'immaginazione, evidenzia il carattere benefico di questo dono concesso agli uomini: se, in un primo momento, l'orizzonte di questi spazi e suoni infiniti spaventa l'autore (''per poco/ il cor non si spaura''), successivamente, l'anima è felice della sua condizione, tanto è vero che ''è dolce naufragar in questo mare'', dato che esso rappresenta la condizione di infinito anelata dall'uomo.

Unico elemento negativo, non evidenziato nella poesia, è la brevità del momento: una volta terminato il processo immaginativo, infatti, la realtà tornerà a rendere l'uomo infelice, senza che esso possa adottare ulteriori ''contromisure''.

Nessun commento:

Posta un commento