sabato 31 gennaio 2015

Charles Baudelaire- Introduzione

Charles Baudelaire fu uno dei più importanti esponenti del Decadentismo francese, considerato, a dire il vero, iniziatore del movimento.
La società in cui egli vive è la tipica società borghese che, grazie alle innovazioni tecnologiche e a l miglioramento generale delle condizioni di vita (per i borghesi ovvio, le classi sociali meno elevate come gli operai erano anzi costretti a orari di lavoro lunghi e faticosi) portarono all'abbandono della concezione dell'arte come bene inestimabile e slegato dal denaro, in quanto ora l'opera d'arte è soggetta a una mercificazione che già si era verificata durante il Romanticismo, andando a rendere ancora più evidente la frattura tra intellettuali e pubblico borghese.

In questo contesto, l'autore parigino darà una vera e propria scossa alla letteratura del tempo:
  1. Condurrà una vita amorale e dissoluta, sperperando i propri averi per soddisfare i piaceri carnali e i propri vizi;
  2. Tradurrà il suo contrasto con la società nelle sue opere, attraverso il ribaltamento dei valori tradizionali borghesi comuni (es. associa i fiori, simbolo di purezza, innocenza e felicità, all'idea del male e alla corruzione della società tutta);
  3. Opponendosi alla morale del pubblico benpensante si indurrà volontariamente in stati di alterazione (ubriachezza, malattia, uso di stupefacenti) per riuscire a percepire la realtà ''vera'' quell metafisica aldilà della materialità;
  4. Con i suoi gesti ispirerà la corrente dei ''poeti maledetti'', così chiamati per il loro rifiuto della morale corrente, perseguito attraverso comportamenti non consoni alla morale comune.

I FIORI DEL MALE

L'opera è una raccolta di liriche che rappresenterà il punto di svolta nella letteratura europea del tempo.
Con quest'opera Baudelaire mostra i suoi intenti: egli è infatti impegnato a cercare una strada che gli permetta di fuggire dallo Spleen, una sensazione di noia, tedio che lo costringe alla sua condizione e lo fa compiacere della situazione di disfacimento e decadenza della società intera.
L'autore cerca attraverso l'alcol, le droghe, un vagheggiamento ideale, persino attraverso un riferimento diretto a Satana di fuggire allo Spleen ,tuttavia ogni tentativo risulta vano, di conseguenza individua la morte come sua unica possibilità; essa è intesa come viaggio verso un mondo ignoto, e per questo affascinante.

Il titolo, come già detto, è altamente significativo: l'autore, infatti, rintraccia anche nei fiori, da sempre simbolo della genuinità e della felicità, il male, proprio a sottolineare come tutta la società sia ormai pervasa dal male, ormai svuotata da ogni atto di bontà a causa dell'amore per il denaro e il profitto, che hanno svuotato le cose di significato.
Per questo gli uomini ormai vuoti, soffrono lo Spleen , e per questo, esso è impossibile da fuggire.


AL LETTORE

Nonostante Baudelaire sia ''emarginato'' dalla società, per via del suo comportamento, egli individua una certa somiglianza tra sè e il lettore borghese benpensante: nel testo proemiale della sua opera, l'autore indica il lettore come ipocrita, poichè anche lui ha gli stessi vizi e colpe dell'autore stesso, tuttavia lo nega, in nome di una falsa e vana moralità.

L'errore, la stoltezza, i laidi trascorsi
ci attanagliano l'anima, crucciando i nostri petti;
noi sottoliniamo i nostri amabili rimorsi
come i pezzenti nutrono i loro immondi insetti.

Son tenaci i peccati e vili pentimenti;
ci confessiamo chiedendo una mercede abietta,
poi sulla via melmosa ritorniamo contenti,
credendoci detersi da qualche lacrimetta.

Satana Trimegisto, accanto all'origliere
del peccato, ci culla rapiti lungamente, 
e il metallo del nostro indomito volere
fonde, appena lo tocca quel chimico sapiente.

I fili ci muovono, il Diavolo le tiene!
Ci avvincono le cose ripugnanti e bestiali;
senza orrore ogni giorno, fra le tenebre oscene,
ci avviciniam d'un passo alle porte infernali.

Come un vizioso povero che bacia e succhia il seno
vizzo e martirizzato d'una sordida trecca, 
noi rubiamo passando il piacere terreno
e lo spremiam rabbiosi come un arancia secca.

Entro il nostro cervello, come un groppo di vermi,
un popolo di dèmoni gozzoviglia crudele
e, quando respiriamo, entro i polmoni infermi
precipita la Morte con sue cupe querele.

Se lo stupro, l'incendio, il veleno, il pugnale
non hanno ricamato con perizia squisita
dei nostri giorni grigi l'orditura banale,
gli è che l'anima nostra non è abbastanza ardita!

Ma fra i lupi, le iene, i falchi e le pantere, 
le scimmie, i sciacalli, gli scorpioni, i serpenti
che urlano e grugniscono, giostrando in turpi schiere
entro il serraglio infame dei nostri traviamenti,

uno ve n'è, più laido, più maligno ed immondo!
Sebbene non accenni un gesto ne un bisbiglio,
vedrebbe volentieri crollare l'interno mondo
e inghiottirebbe il globo con un grande sbadiglio:

é la Noia! Con l'occhio di lacrime appannato
fuma e sogna la forca nel suo tardo cervello.
Tu, lettor, conosci quel mostro delicato,
ipocrita lettore, mio pari, mio fratello!

Giovanni Pascoli- Temporale, Il Tuono, Il Lampo

Le tre liriche riportate sono distinte e separate, tuttavia, la critica individua la situazione descritta come unitaria e omogenea.


TEMPORALE

Un bubbolìo lontano...

Rosseggia l'orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un'ala di gabbiano.


IL LAMPO

E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.


IL TUONO

E nella notte nera come il nulla,

a un tratto, col fragor d'arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s'udì, di madre, e il moto d'una culla.

Giovanni Pascoli- Myricae






Giovanni Pascoli- Il Gelsomino notturno

Presento ora il testo ''Il gelsomino notturno'' elemento imprescindibile per capire la personalità del Pascoli.


E s'aprono i fiori notturni,
nell'ora che penso ai miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.



Da un pezzo si tacquero i gridi
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l'ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.


Dai calici aperti si esala
l'odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l'erba sopra le fosse,


Un' ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l'aia azzurra
va col suo pigolìo di stelle.


Per tutta la notte s'esala
l'odore che passa col vento.
passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano; s'è spento...


E' l'alba: si schiudono i petali
un poco sgualciti; si cova,
dentro l'urna molle e segreta,
non so che felicità nuova.


Giovanni Pascoli- Il Gelsomino notturno

L'opera si presenta come una descrizione ''impressionistica'' di un paesaggio notturno: attraverso piccoli dettagli, al pari di rapide pennellate, l'autore riesce a descrive la situazione in maniera precisa e chiara per il lettore.
Nonostante, a primo impatto, sembri che la poesia sia un componimento legato alle piccole cose (le farfalle, la chioccia, le api e una casetta), possiamo percepire che aldilà di questo scenario si nasconda qualcosa di più profondo.

Pascoli con quest'opera vuole infatti celebrare la nascita del figlio di un suo caro amico, e nel farlo indica come elemento essenziale il fiore: proprio il fiore è infatti assunto come simbolo dell'amore e dell'unione coniugale, ed è associato alla vita stessa, in quanto dentro di esso, si cova ''non so che felicità nuova''.
Nonostante il tema sembri dunque positivo, Pascoli traduce, inevitabilmente, anche la sua percezione della sfera amorosa: egli infatti, contempla la scena da fuori la casa, non è invitato a partecipare al rituale amoroso; attraverso questo ''piccolo'' dettaglio, possiamo individuare l'idea dell'amore del poeta, che vive questa situazione in maniera contorta e insana.

Questa sua avversione ad una vita affettiva è legata, senza ombra di dubbio, alla rottura del proprio ''nido'' familiare (introduzione a Pascoli), e alla costante sensazione di un tradimento, nei confronti del proprio nido originario, nel momento in cui egli avesse stabilito una nuova unione, o un altro legame affettivo.Questo gli impedirà ogni legame affettivo con ''l'altro'' in generale, ma più in particolare con le donne.

Proprio per questo motivo, sono spesso rievocate nella poesia pascoliana, le immagini dei morti, dei cari defunti che aleggiano sulla vita e sulle esperienze del poeta; e nonostante il tempo continui a scorrere imperturbabile (''nasce l'erba sopra le fosse''), il dolore del poeta resta costante, e lo accompagnerà per tutta la vita, senza possibilità di risoluzione alcuna.

Giovanni Pascoli- Orfano


Orfano


Lenta le neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una zana dondola piano piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
Canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: intorno al tuo lettino
c'è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo si addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.

Giovanni Pascoli- Orfano

La lirica proposta affronta due tematiche centrali nella poesia pascoliana: la perdita e il ''nido''.
A partire dal titolo, che diventa parte integrante e imprescindibile del testo, infatti, si deduce che il bambino che piange  sia orfano, dunque privo di madre.
A partire da questo e dal termine ''vecchia'' a indicare la donna che culla il bimbo, si può pensare che questa sia in realtà sua nonna che cerca di proteggerlo dalle sue paure, manifestando il potere benefico del ''nido'', in grado di rendere sopportabili le sofferenze della vita.
Si vuole inoltre porre l'attenzione su un elemento centrale: le due figure nel testo risultano infatti simili (e tale vicinanza è resa dall'autore attraverso i gesti che questi compiono, ovvero il dito in bocca per il bambino e il mento sulla mano per la donna) dato che entrambi hanno perso qualcuno: il bimbo ha perso sua madre, un elemento fondamentale della sua vita che non conoscerà mai, mentre l'anziana signora ha perso una figlia; questo sottile filo che collega due realtà diametralmente opposte (la gioventù e la vecchiaia) sottolinea il carattere negativo della vita umana, e il grande dolore ad essa legato.

La cornice in cui si svolge l'episodio narrato, sia dal punto di vista del racconto, sia dal punto di vista strutturale della poesia, è la un paesaggio innevato del quale Pascoli vuole sottolineare la tranquillità e la staticità ripetendo più volte i termini ''lenta'' e ''fiocca'', termini che rendono la neve quasi familiare, e che permettono all'autore di tradurre il ruolo principale del ''nido'': come le neve, cadendo copre tutto il resto, così la famiglia deve ''coprire'' le brutture della vita, confortando l'uomo quando questo ne necessiti.

da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-73326>

venerdì 30 gennaio 2015

Giovanni Pascoli

 Giovanni Pascoli è, sicuramente,  uno dei più grandi esponenti del movimento decadente italiano.
La vita privata dell'autore fu sconvolta, sin dalla tenera età, da numerosi lutti (il più importante dei quali sarà quello del padre, per la giovinezza del poeta e poichè causerà la perdita di una sicurezza economica per tutta la famiglia), che segneranno inevitabilmente la poetica di Pascoli.
Questa serie di spiacevoli eventi, porteranno l'autore a chiudersi gelosamente in ciò che restava del suo ''nido'', vivendo per tutta la vita con le sorelle; questo isolamento volontario, seguito per onorare i cari defunti, lo porterà a isolarsi dal mondo esterno, e comporterà la sua difficoltà a relazionarsi con l'altro (a questo proposito, suggerisco il testo ''Il Gelsomino notturno'' per un esempio concreto).
Nelle sue liriche, si ritrova spesso, infatti, il tema del ''nido'', concepibile, in termini semplicistici, come ''famiglia'', ma si può cogliere dalle sue opere, come questo termine vada a esprimere una serie di concetti i quali richiamano in modo metaforico, propriamente il calore di un ''nido'' animale, dove i genitori scaldano i propri piccoli dal freddo; allo stesso modo, il nucleo familiare, secondo Pascoli, è l'unico luogo in cui l'uomo può sentirsi realmente protetto dalla crudeltà della realtà esterna, teatro di barbarie quotidiane.
Secondo il poeta, infatti, solo il ''nido'' riesce a fornire all'uomo una bella illusione, non mostrandogli la durezza e la crudeltà della vita, proprio come una mamma che rassicura il suo filglioletto se questo piange (motivo spesso presente nelle poesie pascoliane).


Altro tema centrale nella poetica di Pascoli è quello del ''fanciullino''; secondo il poeta, sopravvive nell'animo di ogni uomo una parte più giocosa e ingenua che permette agli uomini di cogliere l'aspetto positivo delle cose, e nel momento in cui questo le vede, è come se le vedesse per la prima volta, riscoprendole e cogliendone sempre un aspetto diverso.
In particolare, il poeta è tale solo se è ''fanciullino'', in quanto questo stato permette di cogliere la realtà ''vera'', quella dietro l'aspetto meramente materiale delle cose, e fa sì che l'artista colga le analogie e le corrispondenze che collegano tutte le cose, permettendogli di spaziare con i suoi ragionamenti, proprio con l'ingenuità di un fanciullo.